Perché non posso credere nello Stato


Io vorrei fortemente poter credere nello Stato italiano, ma non posso. Credo, al contrario, negli italiani e sono orgoglioso di essere italiano. Ma, purtroppo, non riesco a riporre fiducia nello Stato.

Facciamo un esempio. Supponete di far parte di una famiglia media italiana: i problemi sono, solitamente, l’estinzione di un mutuo, l’acquisto dell’abitazione in cui magari si è in affitto, l’avvio di un’attività… Aggiungete voi altri possibili scenari.

A questo punto supponete di vincere al Superenalotto: da un momento all’altro vi trovate a disposizione qualche milione di euro. Supponiamo che non abbiate il QI di un branco di scimmie urlatrici: cosa fareste? Estinguereste il mutuo, comprereste la casa, investireste nell’attività, ecc. Magari vi togliereste pure qualche sfizio, perché no? Ed il resto lo mettereste in banca, perché giustamente anche le banche devono mangiare.

Lo Stato, invece, non ragiona così.In un momento in cui l’Italia si trova con le pezze al sedere ed in cui ogni occasione è buona per pescare nelle tasche dei cittadini, lo Stato si vede recapitare un regalo inaspettato da 12 milioni di Euro sotto forma di yacht sequestrato ad un magnate russo: e cosa fa? Pensa di rivenderlo per ricavarne qualcosa? Pensa di utilizzarlo per avere un ritorno economico? No. Lo mette a disposizione del Presidente della Repubblica.

Ora, non voglio fare come Il Giornale e addossare la colpa a Napolitano, che magari non ne sa niente di questa storia. Però si tratta di una decisione imbarazzante.

Foto ripresa da Il Giornale

Foto ripresa da Il Giornale

La domanda è lecita: cosa cazzo se ne fa la Presidenza della Repubblica di uno yacht super lusso di 38 metri? Lo usa per rappresentanza? E che immagine offre di sé uno Stato che ostenta magnificenza mentre la crisi economica massacra i cittadini? A cosa serve all’Italia mettere l’abito della festa se non è in grado neppure di battere il pugno quando tratta con l’India per far liberare dei cittadini italiani? Questo Stato mi ricorda tanto gli sposi del programma Il Boss delle cerimonie: povera gente (umanamente povera) che spera che gli altri possano confondere l’ostentazione dell’arricchito (o del popolano che mangia pane e cipolla per il resto dell’anno) con la classe del nobiluomo. 

Visto dall’esterno fa ridere! Visto dall’interno fa incazzare di brutto. Ma possibile che l’unica soluzione sia mettere lo yacht a disposizione di Napolitano e dei suoi successori? Possibile che nessuno abbia pensato a provare a trarne un beneficio economico? Non dico di recuperare tutta la valutazione del gioiellino commissionato ai cantieri navali di Pisa, ma almeno un pugno di milioni magari sì. E di modi di utilizzarli ce ne sarebbero parecchi. Io vedo in questi giorni le persone del modenese che si erano appena riprese dai danni del terremoto e che sono nuovamente in ginocchio per l’alluvione. Sono persone forti, come tante in Italia, anche perché sanno di doversi rialzare da sole. Certo, un aiutino potrebbe far comodo (soprattutto dopo che dalla Protezione Civile hanno fatto capire che soldi non ce ne sono), ma so che anche volendo non ci sarebbero i tempi tecnici. Ok, allora i proventi della vendita dello yacht potrebbero essere destinati altrove. Io non saprei scegliere, ma lo Stato deve saper scegliere, perché lui ha il compito di amministrare. E se non sa scegliere non è uno Stato.

Io credo che qualunque cittadino italiano, soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando, non possa non indignarsi di fronte a certe decisioni prese da chi, in teoria, dovrebbe cercare di tutelarlo.

Ma non è finita. Prima ho detto che non ritengo che il Presidente Napolitano possa essere additato come responsabile di questa vicenda, ma questo non vuol dire che io mi senta rappresentato, come italiano, da questo Presidente.

Non ci riesco, perché quando sento i suoi ragionamenti sulla democrazia mi viene in mente la tessera del PCI che lui si portava allegramente in tasca. E non parlo del comunismo alla D’Alema, ma di quello alla Don Camillo e Peppone, quello che si ispirava in tutto e per tutto all’amata URSS. Dove, però, la democrazia era solo un termine in disuso nel vocabolario. Un Paese in cui, tra l’altro, i preti venivano perseguitati e privati della libertà di professare la propria fede. Ed ho fatto questo richiamo perché questa cosa mi viene sempre in mente quando penso all’incontro di Napolitano con Papa Francesco, quando il Presidente disse di ispirarsi al Pontefice nell’invocare il dialogo nel clima avvelenato della politica.

Per me Napolitano è il Presidente che ha messo l’Italia in mano a Monti. E se non bastasse è anche quello che, come dichiarato dal Prof. Massimo Scalia, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti dal 1997 al 2001, sapeva cosa era stato nascosto nella Terra dei Fuochi. Non era il solo, questo è chiaro, ma se io fossi stato nella delegazione dei genitori ricevuta al Quirinale avrei avuto una sola domanda da fare: perché? Con quale coraggio lasciare crescere delle persone in quella terra?

Napolitano, per me, è anche e soprattutto il politico delle intercettazioni nell’inchiesta della trattativa Stato-Mafia. Ed è qui che mi incazzo di più. Perché gli avvocati mi possono dire in tutte le lingue che la legge consente di non diffondere quelle intercettazioni, ma io vorrei ricordare a tutti che le leggi, in quanto tali, sono da rispettare ma non sono perfette. Sono scritte da uomini e dunque sono perfettibili. O, a volte, anche sbagliate. Continuo a pensare che quando una persona ha la sicurezza di poter tenere la testa alta, debba decidere di parlare anche se la legge gli consente di tacere. Questo, ovviamente, se vuole che gli altri possano avere fiducia in lui: far finta di nulla ed appellarsi al fatto che si sta facendo qualcosa di legale mi ricorda il comportamento di quei parlamentari che si beccano dei maxi rimborsi e quando si chiede  una spiegazione spiegazione rispondono che è previsto dalla legge. Bella risposta del cazzo.

Come faccio io ad aver fiducia nello Stato in questa situazione? Perché io debbo sempre essere corretto con i miei clienti per non perdere la loro fiducia ma non vengo rispettato da chi governa il Paese che amo? Come faccio a pensare che lo Stato voglia davvero tutelarci quando, di fronte alla crisi, si tiene gli yacht ed a me chiede di fare le nozze coi fichi secchi? Come posso credere nello Stato se la persona che ne incarna la prima carica non gode della mia fiducia?

Adesso avete la risposta. 

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